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L'architettura a portata di mano

Cos'è il Paesaggio? (parte 2)

3/28/2017

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Dopo aver dato una panoramica dell'argomento nel post precedente, cercherò di offrire qui la mia personale interpretazione.

Iniziamo dicendo che il paesaggio è una forma, la forma di un territorio, comprensiva di tutte le sue fattezze. Questa forma è molto articolata e non è mai uguale a sé stessa. Tutto continua a cambiare nell'immagine di quel paesaggio, si susseguono mutamenti prevedibili e ciclici come l'ora del giorno e le stagioni, insieme ad altri imprevedibili e non ripetitivi come il tempo atmosferico. Pensate a un luogo, ad esempio a una stessa piazza fotografata in diversi orari del giorno e della notte, o anche la stessa piazza alla stessa ora in una diversa stagione, o in un giorno di pioggia, uno di sole, uno d'inverno. Monet intuì questo continuo cambiamento e tra il 1892 e il 1894 produsse ben 31 dipinti della medesima cattedrale non tanto per ammirazione dell'edificio in sé ma per studiare e cogliere il costante mutamento di luce e colore che si generava sulla facciata.
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Claude Monet, La Cattedrale di Rouen, il Portale occidentale e la torre Saint-Romain
Il cambiamento comprende poi non solo ciò che è immobile e minerale, gli edifici e la conformazione geomorfologica di un territorio, ma anche quello che è vivo, vegetale e animale, che si muove: quanto cambia un paesaggio nelle diverse stagioni per la sola presenza di alberi spogli o fioriti, i frutti maturi e i profumi delle stagioni ecc. Lo stesso vale per gli animali che popolano e si muovono, mutandone le forme in modo più o meno permanente o anche solo dando un'immagine completamente diversa solo in base alla propria presenza. Tra queste consideriamo anche l'uomo, provate a fotografare la stessa piazza di prima, vuota o il giorno del mercato, non si può certo dire che le due immagini siano uguali, anche se scattate nello stesso posto con la stessa inquadratura, luce e meteo: la percezione che avremo di quel luogo sarà completamente diversa.​
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Piazza Trento e Trieste, Ferrara
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Tornando quindi alla definizione di Paesaggio che ci offre la Convenzione Europea:
Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.
Dobbiamo concludere che se in quella piazza esiste o meno un mercato è un elemento integrante e caratterizzante di quel paesaggio, e non un semplice orpello o un fattore estraneo al concetto di paesaggio, così come lo sono ad esempio l'esistenza di boschi di conifere sulle Alpi o l'incessante infrangersi delle onde del mare lungo una scogliera. Potremmo andare oltre e dire anche che, come le onde che spumeggiando risuonano fragorose e riempiono l'aria del profumo della salsedine, anche la presenza di certi odori, chiacchericcio e profumi dentro un mercato caratterizza fortemente quel paesaggio. In questo senso infatti si parla di paesaggi sensoriali. La percezione di un luogo non è solo un fatto visivo ma coinvolge tutti i sensi: il tatto sente le superfici ma anche il vento, il caldo e il freddo, l'olfatto come il gusto ha fortissimi poteri legati all'emozione e alla memoria, l'udito in quanto percezione del suono è profondamente legato alla forma dell'ambiente in cui si propaga il suono stesso. Ecco dunque come si collega l'aspetto percettivo nell'ecologia del paesaggio, queste percezioni, rielaborate dagli individui, animali, umani o vegetali che siano, divengono motivi e promotori dell'agire, dello spostarsi e dell'evolversi. E il loro agire cambia la forma stessa del paesaggio in cui si spostano e di cui fanno parte; il paesaggio così mutato influenzerà a sua volta le scelte e le azioni di chi passerà dopo, in un incessante evolversi di cause ed effetti, di interazioni tra forma e funzione.

Non è quindi possibile parlare di paesaggio se non in termini di "paesaggio totale", inteso cioè come risultato di tutti gli elementi e le relazioni che lo compongono, in contrapposizione al "paesaggio visivo" che siamo abituati ad intendere.

Come si tutela il paesaggio?
In questa accezione totale, diventa inevitabilmente complicato parlare di tutela: se il paesaggio non è un dipinto da conservare intatto come appena disegnato, in cosa consiste la sua tutela?
Apparentemente si potrebbe intendere come la difesa di quelle funzioni che lo caratterizzano, rivolgendo lo sforzo non tanto a fissarne un'immagine statica nel tempo ma a proteggere e incentivare i processi che ridisegnano incessantemente quell'immagine. Per alcuni elementi può essere semplice come l'assicurare la presenza settimanale di un mercato, per altri sarebbe addirittura impossibile evitarne la ripetizione come ad esempio l'alternanza delle stagioni, del giorno e della notte, mentre per altri ancora sarebbe invece insostenibile garantirne il perdurare o addirittura del tutto impossibile.
Cerco di spiegarmi meglio: l'esistenza ad esempio di paesaggi modellati dall'agricoltura di un certo tipo non è sempre sostenibile sul lungo periodo perché le tecniche dell'agricoltura e il mercato dei prodotti agricoli sono in continua evoluzione e ciò che oggi è il risultato estetico di una forma di coltivazione deriva dalla redditività che ne consegue. Il modo di allevare la vite nei nostri paesaggi ad esempio si è evoluto nel tempo, passando da un sistema ad alberate, in cui la vite veniva maritata a tutori vivi (olmo, acero, frassino...) in quanto sistema efficace in condizioni di scarse tecnologie fitosanitarie, ad altri come la pergola bresciana che offriva una lunga vita all'impianto riducendo i costi di realizzazione e sostituzione, fino al sistema guyot che meglio si sposa con la tecnologia automatica odierna, abbattendo i costi di gestione ordinaria. Non sarebbe pensabile intendere come tutela del paesaggio l'imporre a un territorio un sistema che non si ripaga, solo per il vezzo estetico di preservare una certa immagine del territorio...
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vite maritata
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pergola bresciana
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vigneto a guyot
Alcune caratteristiche infine sono impossibili da replicare in quanto frutto della casualità, della specificità infinitesima, dell'esistenza di un certo individuo o gruppo di individui che come ovvio non è possibile replicare o rimpiazzare in modo identico.
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Quindi la tutela in cosa dovrebbe consistere? nello sforzo inumano e insostenibile di preservare qualcosa che esiste oggi, interrompendo il naturale evolversi e i processi che sono la fonte stessa dei paesaggi? Non sarebbe allora la tutela stessa una forma di imbalsamazione, una forma di caccia alla specie pregiata per farne un trofeo da museo, causandone al tempo stesso l'estinzione?
Questo ci porta a una conclusione tanto semplice quanto difficile da accettare: tutelare il paesaggio è solo un modo di dire privo di alcun reale significato, se non appunto quello collezionistico, compatibile più con un bene puntuale che non alla scala territoriale.

Quello che però emerge da questa riflessione non deve essere però uno spirito cinico, che non riconosce alcun valore al paesaggio storico, al contrario il messaggio che dobbiamo cogliere è il grande valore della vitalità stessa del paesaggio, il preferirne la sua inevitabile trasformazione viva al suo abbandono all'inseguimento di realtà passate irreplicabili. Per tornare all'esempio della vite, è senz'altro meglio preservare l'allevamento della vite, anche in forme nuove e più contemporanee, che immaginare di imporre una determinata forma di allevamento causando l'abbandono dell'attività e il fallimento del settore, così come è senz'altro meglio avere un borgo vivo di abitazioni, anche se aggiornate non necessariamente "in stile", sicure ed efficienti per gli standard odierni, che avere un borgo "intatto" ma abbandonato. Preservare la memoria di un paesaggio passato deve essere un caso eccezionale, una piccola perla, da auspicare solo nei casi in cui riesca a ritagliarsi una nicchia per sopravvivere in una dimensione realmente sostenibile.

Dovremmo quindi mutare la nostra prospettiva, passando da un fuorviante concetto di tutela a quello di una precisa volontà di costruire paesaggi di qualità, che rispondano alle esigenze contemporanee mantenendo un'armonia di relazioni con il nostro passato, con il contesto vegetale ed animale, con i processi geologici e climatici, senza vergognarci delle esigenze odierne e delle tecnologie che meglio vi rispondono.
Il Paesaggio è il riflesso materico della vita di un territorio, concentrarsi sul riflesso scordando la fonte di luce che lo genera o peggio, a spese della fonte stessa, porta inevitabilmente al degrado.

arch. Amos Zampatti
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Cos'è il garden design? 

3/25/2017

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Garden design significa letteralmente la progettazione di giardini: cosa c'è da progettare in un giardino? basta un prato e magari una siepe giusto? Beh è un modo di vederla, così come comprare uno smartphone solo per leggere l'ora o usare  un libro come zeppa per il tavolo...
Lo spazio esterno di un'abitazione è a tutti gli effetti una stanza di casa, spesso la stanza più grande e che costa al metro quadro meno di qualsiasi altro ambiente interno: sarebbe un bello spreco non sfruttarla adeguatamente! 
All'esterno è possibile passare il tempo in più di un modo, oppure svolgere attività che sarebbero impensabili o quanto meno scomode all'interno. Il giardino è anche l'unico spazio di casa che può produrre autonomamente qualcosa di utile, di commestibile e gustoso o medicinale e terapeutico, profumi o anche combustibile.

Per capire cos'è la progettazione di giardini serve sapere prima cos'è un giardino, quindi iniziamo dall'etimologia: la parola italiana giardino deriva dal francese "jardin" che a sua volta discende dal germanico "garto" che significa uno spazio recintato; anche in altre lingue e culture è sempre indicato con un termine che richiama il concetto di recinto come nel greco "kepos" (cintato), nel latino "hortus (terreno confinato)", nell'ebraico "Gan-Eden" (area protetta di delizia) nel persiano "Bāgh" (recinto irrigato). Nei millenni il giardino è sempre stato uno spazio di particolare valore, dai primi giardini alimentari che segnarono la fine del nomadismo ai giardini dell'illusione e del potere, dal valore mistico religioso a quello sociale, dal culto dei sensi alla speculazione geometrica. 
E' quindi un ambito riservato nel quale l'essere umano coltiva una relazione reciproca con un luogo speciale, consiste nel gesto dell'uomo di sottrarre una porzione di territorio alla natura sconfinata per destinarlo all'uomo stesso, la sua connotazione principale in ogni cultura è quella di essere un luogo pensato per l'uomo. La visione del giardino come angoletto "naturale" è quindi superficiale, limitante e addirittura fuorviante: la natura esiste incondizionatamente ma quello che rende un giardino tale è l'intervento umano "artificiale" (ammesso che esista una reale distinzione tra le due categorie artificiale-naturale).
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La Gerusalemme Celeste (incisione di M. de Vos, seconda metà del Cinquecento)
Se questo è il senso profondo che accomuna ogni tipo di giardino, la forma che può assumere, quello che contiene, la presenza o meno di vegetazione, ornamentale o alimentare che sia, diviene solo una variante di quel concetto iniziale. Da dove arrivano quindi tutte le possibili interpretazioni e tipologie di giardino? A partire dalle differenti condizioni climatiche e geografiche, un ruolo centrale lo gioca la cultura: se accettiamo la definizione di giardino come un luogo confinato dove trovare diletto, arte o cibo, allora dipende molto da cosa intendiamo per confine o recinto, cosa consideriamo diletto o arte e quale ruolo ha nella nostra società e così via... le conseguenze filosofiche sono molteplici e interessanti e la storia è ricca di spunti, ma ne parleremo in un'altra puntata.
Quello che interessa per oggi è chiarire che, in fin dei conti,
 un giardino non è tale senza un progetto, viceversa è solo un ritaglio di terreno involontario.

A questo punto possiamo iniziare a delineare in cosa consiste un progetto di giardino. Ovviamente non è possibile imparare a progettare leggendo qualche articolo su internet e non è questo il mio scopo: anche acquisendo tutte le conoscenze necessarie e affini su qualche manuale o ebook, progettare rimane un'attività che va educata, affiancata dalla guida di insegnanti, esercitata autonomamente e perfezionata nel corso di anni, nel continuo confronto con i risultati ottenuti e l'evoluzione incessante di tecniche, materiali, norme ecc.

In ogni progetto esistono dei ruoli: il committente, il progettista, l'esecutore; non per forza devono essere distinti in persone diverse, a volte possono coincidere anche tutti in un'unica persona, quello che conta è non tralasciare nessuno di questi passaggi: il committente rappresenta la persona a cui è destinato il progetto, è l'input delle richieste che vengono fatte a quello spazio; l'esecutore è colui che "sa fare" ed è attrezzato per fare ma non sa ancora cosa fare per rispondere efficacemente alle richieste; il progettista rappresenta il processo con cui le richieste iniziali vengono elaborate in base ad esempio al contesto, al budget, alle possibilità tecniche e climatiche, ai costi di manutenzione futuri ecc e fornisce un output finale con tutte le istruzioni necessarie per essere realizzato.

Come si ottiene un buon risultato? Ritornando al concetto del giardino come spazio ragionato, voluto e consapevole, la qualità di un progetto riuscito diventa evidente quando tutti i ruoli sono stati ben sviluppati. Ad esempio è fondamentale il punto di inizio: le richieste. Più sono precise, più è chiaro e consapevole cosa si cerca, più sarà possibile centrare la risposta migliore, al contrario richieste generiche e contradditorie, la botte piena e la moglie ubriaca, il non essere in grado di scegliere tra due aspetti in conflitto rifugiandosi in un'aspettativa impossibile producono pessimi risultati. Un buon progettista deve saper tirare fuori delle richieste precise dal committente, guidarlo a capire cosa vuole: come ho intenzione di usare il mio giardino? chi sono gli utenti del giardino, pochi intimi o tanti ospiti? ci sono bambini o animali domestici? quando uso il mio giardino, in che orari, in che stagioni? che tipo di ambiente voglio, stimolante, rilassante, silenzioso, musicale? quanta manutenzione, costi o tempo sono disposto a dedicare a questo spazio una volta in funzione?
In secondo luogo c'è l'analisi del contesto, cioè incrociare le richieste e le aspettative iniziali con le condizioni del sito: se ad esempio il committente desidera un bel giardino mediterraneo con agrumi e ulivi ma siamo in mezzo alle alpi il risultato potrebbe essere deludente, oppure se voglio un perfetto prato inglese ma ci sono due cani di grossa taglia che ci vivono potrei trovarmi solo con un perenne pantano. In questo senso è possibile ancora definire meglio le richieste cercandone un senso più profondo, ad esempio se cerco un giardino con molti colori che per condizioni ambientali non potrei far crescere posso sviluppare meglio il concetto e arrivare a capire ad esempio che cerco in realtà un giardino vivace, che mi dia gioia e senso di giocosità per i miei bambini, risultato che si può ottenere in molti modi tra cui troverò anche quello che più si adatta al mio contesto. Le condizioni del contesto poi comprendono non solo i dati climatici del sito e l'esposizione, ma anche ad esempio cosa c'è intorno al mio recinto: una strada trafficata e rumorosa, un parco urbano, un bosco intatto, un altro giardino su cui si affaccia una casa? Se cerco privacy dovrò impostare un giardino chiuso, rivolto al proprio interno, se cerco socialità avrò un modello più aperto, che si relaziona di più con l'esterno e con maggiori trasparenze, se il giardino ha più lati confinanti con cose diverse posso strutturare ogni confine in base alle mie esigenze, ad esempio avere il lato che confina con il vicino con cui sono in ottimi rapporti con un bordo molto permeabile, dove posso addirittura sedermi in prossimità e scambiare due parole, mentre avere il lato rivolto verso la strada completamente cieco, rivestito di rampicanti e dotato di giochi d'acqua che coprano il rumore...
Per finire ciò che fa la qualità di un progetto è come vengono risolte le richieste, con quale grado di approfondimento e quindi di affidabilità: un progetto è pur sempre una previsione, una stima del futuro, a maggior ragione quando a farne parte integrante sono specie viventi e non solo sassi e cemento, quando si cerca di progettare un microecosistema che deve il più possibile restare in equilibrio senza richiedere continuamente un'enorme quantità di energie ed apporti dall'esterno. 
​
Ciò che rende infine artistico un giardino è come tutte queste cose stanno insieme, se c'è una visione di fondo, un pensiero profondo, che si riscontra in ogni aspetto dall'impostazione generale al piccolo dettaglio, sviluppando un tema o un'impostazione simbolica o filosofica. Abbiamo esempi di alcune tipologie di giardino, che rappresentano sostanzialmente degli stili o meglio dei "pacchetti di soluzioni" preconfezionate che si sono perfezionate negli anni, si possono pigramente utilizzare a patto di conoscerle, saperne costi, pregi e difetti e saperle calare nel contesto e nelle circostanze specifiche. In alternativa si può sviluppare un progetto specifico senza copiare alcuno stile o senza la pretesa di codificarne uno nuovo, semplicemente ricercando le migliori soluzioni specifiche ai problemi specifici, mantenendo però un approccio unitario e coerente.
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giardino islamico in Marocco
In cosa si articola il progetto di un giardino? Ecco un elenco non esaustivo ma esemplificativo degli elementi che fanno parte di un progetto:
- organizzazione dello spazio
- organizzazione del tempo
- elementi vegetali
- elementi minerali
- arredi fissi e mobili
- acqua (specchi fermi o giochi in movimento, impianti di irrigazione)
- piscine o idromassaggi
- spazi di gioco attrezzati
- illuminazione
- impianti di diffusione sonora
- sistemi di climatizzazione (elementi ombreggianti, ventilanti, umidificanti, riscaldanti)
- percorsi e pavimentazioni
- fruizione sensoriale (profumi, colori, materiali, suoni)
- fruizione stagionale (periodi vegetativi, di fioritura, di riposo, di raccolta)
- spazi coperti, grotte e perfino edifici
e molto altro, fino al punto che potremmo osare definire la progettazione architettonica come solo una parte del progetto di giardino: anche il progetto di una casa in fondo non è altro che il progetto di un lotto di terreno cintato, destinato agli esseri umani che lo abiteranno...​
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Architetto, Ingegnere o Geometra?

3/15/2017

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Oggi affrontiamo una di quelle domande a cui pochi sanno dare risposta, perfino la legge stessa vacilla...

Iniziamo dalle competenze teoriche.
Le tre professioni si distinguono ovviamente per un diverso percorso formativo, che dovrebbe condurre a diverse competenze pratiche. Innanzitutto va detto che per diventare architetto, ingegnere o geometra non è sufficiente il titolo di studio ma serve l'abilitazione alla professione tramite esame di stato, mentre per l'architetto e l'ingegnere è necessaria una laurea, il geometra corrisponde a un diploma di maturità.
Ovviamente stiamo tralasciando ulteriori figure professionali come i geologi, i periti industriali, i pianificatori urbani e tanti altri che però difficilmente hanno a che fare direttamente con la committenza privata.

Semplificando molto le differenze formative sono le seguenti:

GEOMETRA
​E' una figura di supporto tecnico, nasce come agrimensore (letteralmente "misuratore di terra") e si occupava inizialmente di rilievi topografici e catasto, all'estero le sue competenze comprendono stime, consulenze tecniche, supporto alla progettazione o direzione lavori ed altri servizi affini al mondo delle costruzioni. In Italia durante il fascismo le sue competenze vennero estese alla progettazione di edifici rurali semplici, da allora hanno iniziato a occuparsi di quasi tutto fino al calcolo delle strutture e alla pianificazione urbana.

INGEGNERE
E' uno specialista del settore, ha una formazione più scientifica, ha dimestichezza di calcolo ed è focalizzato su qualche aspetto specifico legato alla progettazione, infatti di solito si trovano come strutturisti, impiantisti elettrici, impiantisti meccanici, edili ecc. Gli ambiti in cui opera sono talmente sviluppati da richiedere una formazione specialistica per ottenere la necessaria competenza e abilità, (ad esempio gli strutturisti si dividono in specialisti del legno, dell'acciaio, del cemento armato ecc), approfondimento che però avviene a scapito della visione di insieme e della capacità di coordinarsi con esigenze esterne al proprio ramo specifico.

ARCHITETTO
E' uno specialista della progettazione, nella sua formazione tocca tutti gli aspetti specialistici legati all'architettura e alla costruzione senza raggiungere il livello di specializzazione di un ingegnere, ma sviluppando una visione d'insieme necessaria al coordinamento di tutti gli aspetti specialistici coinvolti. La sua vera specializzazione è la cultura progettuale e la dimensione umana dell'architettura, mentre l'ingegnere è l'esperto della materia che delimita lo spazio l'architetto è lo specialista dello spazio. La sua vocazione risiede nell'abilità di fondere le necessità del committente con quelle tecniche della costruzione, quelle energetiche e bioclimatiche, culturali e artistiche del contesto in un unico disegno armonico, curandone ogni fase e prestazione necessaria alla materializzazione di un'opera.

A questo punto potreste pensare che esistono competenze specifiche ed esclusive per ogni tipo di professionista, che ognuno abbia un campo d'azione ben delimitato. e un ruolo definito. In realtà non è affatto così, da decenni si parla di riforma delle professioni tecniche proprio per arrivare a una divisione dei compiti... la situazione è grossomodo la seguente:
- gli architetti hanno sostanzialmente l'esclusiva per quanto riguarda solamente gli interventi di restauro conservativo, legati a beni monumentali o di interesse storico artistico, possono progettare e dirigere lavori di qualunque tipo compreso calcolare le strutture o prestare servizi tecnici di topografia e catasto;
- gli ingegneri possono, oltre alle proprie specializzazioni, redigere anche progetti architettonici, pratiche edilizie e catastali e ogni altro servizio tecnico;
- i geometri sostanzialmente hanno tutte le medesime competenze riconosciute di architetti e ingegneri compresa la progettazione e il calcolo, con la sola limitazione che si estendono solo a "modeste costruzioni", definizione oscura ancora da interpretare, che per alcuni spazia dalla stalla e per altri arriva a palazzine o residence di 100 appartamenti o più.


Ovviamente nella quotidianità esistono professionisti di diversa esperienza e formazione, ci possono essere geometri che hanno maturato ottime competenze nel corso di una vita e sono perfettamente in grado di progettare e realizzare un edificio, esistono ingegneri che invece di inseguire una specializzazione settoriale spaziano nella progettazione a tutto campo toccando anche l'urbanistica e il restauro, così come ci sono architetti che si sono specializzati in settori particolari come l'acustica, la prevenzione incendi ecc. Come sempre sono le persone che fanno la differenza, prima dei titoli, anche se forse qualche precisazione andrebbe fatta, altrimenti i titoli, gli esami e gli ordini a che servono?

E qui veniamo a un punto che probabilmente interessa più da vicino il committente privato: costa meno un geometra, un ingegnere o un architetto? alla luce di quanto esposto e per esperienza diretta è difficile dirlo, anche se molti pensano che per il loro caso sia "sufficiente" un geometra pensando di risparmiare (cosa vera forse fino a qualche decennio fa), l'unico modo è chiedere un preventivo a ognuno e verificare di volta in volta.
Io sono di parte e sostengo che il committente che necessita di un progetto grande o piccolo che sia dovrebbe andare dall'architetto, che a sua volta coinvolgerà ingegneri e geometri per ogni altro aspetto specialistico e di supporto necessario. D'altronde quando si parla di immobili, che sia la propria casa o la propria azienda, si parla sempre di qualcosa di particolarmente importante e prezioso, non sono spese che si fanno tutti i giorni e conviene sempre fare le cose per bene.

Ma mi permetto anche una frecciatina e vi faccio questa provocazione:
voi andreste da un medico, da un dentista o un avvocato senza laurea, anche se vi facesse un piccolo sconto? Oppure vi fareste fare un ritratto da uno specialista di pigmenti che ha studiato chimica invece di disegno?
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    Amos Zampatti

    architetto

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